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giovedì 7 novembre 2019

Giobbe dopo le sue prove

Giobbe dopo le sue prove


(Giobbe 42:7-9) Dopo che ebbe rivolto questi discorsi a Giobbe, Jahvè disse a Elifaz di Teman: “L’ira mia è accesa contro te e contro i tuoi due amici, perché non avete parlato di me secondo la verità, come ha fatto il mio servo Giobbe. Ora dunque prendetevi sette tori e sette montoni, venite a trovare il mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi stessi. Il mio servo Giobbe pregherà per voi; ed io avrò riguardo a lui per non punir la vostra follia; poiché non avete parlato di me secondo la verità, come ha fatto il mio servo Giobbe”. Elifaz di Teman e Bildad di Suach e Tsofar di Naama se ne andarono e fecero come Jahvè aveva loro ordinato; e Jahvè ebbe riguardo a Giobbe.

giovedì 3 ottobre 2019

Sebbene Dio non Si fosse rivelato a Giobbe, egli crede nella Sua sovranità

Sebbene Dio non Si fosse rivelato a Giobbe, egli crede nella Sua sovranità


Le orecchie di Giobbe avevano sentito parlare di Dio
(Giobbe 9:11) Ecco, ei mi passa vicino, ed io nol veggo; mi scivola daccanto e non me n’accorgo.
(Giobbe 23:8-9) Ma, ecco, se vo ad oriente, egli non c’è; se ad occidente, non lo trovo; se a settentrione, quando vi opera, io non lo veggo; si nasconde egli nel mezzodì, io non lo scorgo.

martedì 16 aprile 2019

La ragionevolezza di Giobbe

La ragionevolezza di Giobbe

Le esperienze reali di Giobbe e la sua umanità retta e onesta fecero sì che, quando perse beni e figli, egli attuò le decisioni e le scelte più ragionevoli. Tali scelte ragionevoli erano inseparabili dalle sue ricerche giornaliere e dagli atti di Dio che egli era giunto a conoscere nella sua vita quotidiana. L’onestà di Giobbe gli consentì di credere che la mano di Jahvè governa tutte le cose; la sua fede gli permise di riconoscere la sovranità di Jahvè Dio su tutte le cose; la sua conoscenza lo rese disposto e pronto a obbedire alla sovranità e alle disposizioni di Jahvè Dio; la sua obbedienza lo rese sempre più autentico nel suo timore di Jahvè Dio; il suo timore lo rese sempre più concreto nel suo rifiuto del male; in definitiva, Giobbe divenne perfetto perché temeva Dio e fuggiva il male; la sua perfezione lo rese saggio e gli donò il massimo della ragionevolezza.

lunedì 25 marzo 2019

Il fatto che Giobbe prenda l’iniziativa di restituire tutto ciò che possiede ha origine dal suo timore di Dio

Il fatto che Giobbe prenda l’iniziativa di restituire tutto ciò che possiede ha origine dal suo timore di Dio

c. La reazione di Giobbe
(Giobbe 1:20-21) Allora Giobbe si alzò e si stracciò il mantello e si rase il capo e si prostrò a terra e adorò e disse: “Nudo sono uscito dal seno di mia madre, e nudo tornerò in seno della terra; Jahvè ha dato, Jahvè ha tolto; sia benedetto il nome di Jahvè”.

domenica 27 gennaio 2019

Le ricerche e le conquiste di Giobbe nella vita gli consentono di affrontare serenamente la morte

Le ricerche e le conquiste di Giobbe nella vita gli consentono di affrontare serenamente la morte

Nelle Scritture si dice di Giobbe: “Poi Giobbe morì vecchio e sazio di giorni” (Giobbe 42:17). Ciò significa che quando morì, non aveva alcun rimpianto e non provò alcun dolore, bensì abbandonò questo mondo con naturalezza. Come tutti sanno, era un uomo che, in vita, temeva Dio e fuggiva il male; Dio elogiava le sue azioni giuste, le persone le ricordavano e la sua vita, più di quella di chiunque altro, ebbe valore e significato. Giobbe ricevette le benedizioni di Dio, fu chiamato giusto da Lui sulla terra e fu anche messo alla prova da Dio e tentato da Satana; rese testimonianza a Dio e meritò di essere definito un uomo giusto. Nei diversi decenni dopo che Egli l’aveva messo alla prova, visse una vita ancora più preziosa, più significativa, più solida e più tranquilla di prima. Per via delle sue azioni giuste, Dio lo mise alla prova; per via delle sue azioni giuste, gli apparve e gli parlò direttamente. Così, negli anni dopo essere stato messo alla prova, Giobbe comprese e apprezzò il valore dell’esistenza in modo più concreto, raggiunse una comprensione più profonda della sovranità del Creatore e ottenne una conoscenza più precisa e più certa di come Egli dia e tolga le Sue benedizioni. La Bibbia documenta che Jahvè Dio concesse a Giobbe ancora più benedizioni di quanto avesse fatto in passato, mettendolo in una posizione ancora migliore per conoscere la sovranità del Creatore e per affrontare serenamente la morte. Così Giobbe, quando invecchiò e affrontò la morte, certamente non si preoccupò delle sue proprietà. Non aveva alcuna preoccupazione, nulla di cui pentirsi e, naturalmente, non aveva paura della morte; infatti passò tutta la vita temendo Dio e fuggendo il male, e non aveva motivo di angosciarsi per la propria fine. Quante persone oggi potrebbero agire in tutti i modi in cui agì Giobbe quando affrontò la morte? Perché nessuno è in grado di mantenere un comportamento esteriore così semplice? C’è soltanto un motivo: egli visse la vita nella ricerca soggettiva della fede, del riconoscimento e della sottomissione alla sovranità di Dio, e fu con questa fede, con questo riconoscimento e con questa sottomissione che superò i momenti importanti dell’esistenza, che visse i suoi ultimi anni e accolse l’ultimo momento decisivo della vita. A prescindere da ciò che sperimentò, le sue ricerche e i suoi obiettivi esistenziali furono felici, non dolorosi. Era felice non solo per le benedizioni o gli elogi concessi dal Creatore, ma soprattutto per le proprie ricerche e i propri obiettivi di vita, per la conoscenza graduale e la comprensione vera della sovranità del Creatore che raggiunse temendo Dio e fuggendo il male, e inoltre per le Sue azioni meravigliose, che sperimentò personalmente mentre era soggetto alla sovranità del Creatore, e per le esperienze e i ricordi calorosi e indimenticabili della coesistenza, della conoscenza e della comprensione reciproca tra l’uomo e Dio; per il conforto e la felicità che gli derivavano dal conoscere la volontà del Creatore; per la riverenza che scaturì dopo che ebbe visto quanto Egli fosse grande, meraviglioso, amorevole e fedele. La ragione per cui Giobbe riuscì ad affrontare la morte senza alcuna sofferenza era la consapevolezza che, morendo, sarebbe tornato accanto al Creatore. Furono le sue ricerche e le sue conquiste esistenziali a permettergli di affrontare la morte, la prospettiva che il Creatore si sarebbe ripreso la sua vita, con un cuore calmo e sereno e, inoltre, di ergersi dinanzi a Lui immacolato e libero dalle preoccupazioni. Al giorno d’oggi, le persone possono conquistare il genere di felicità che possedeva Giobbe? Siete nella posizione di farlo? Dato che la risposta è sì, perché oggi gli uomini non sono in grado di vivere felicemente, come fece Giobbe? Perché non sono in grado di sfuggire alla sofferenza derivante dal timore della morte? Quando alcune persone affrontano la morte, se la fanno sotto per la paura; altre tremano, svengono, si scagliano contro il Cielo e contro l’uomo, addirittura gemono e piangono. Queste non sono affatto le reazioni improvvise che si verificano quando la morte si avvicina. Gli uomini si comportano in questi modi imbarazzanti principalmente perché, nel profondo del cuore, temono la morte, perché non hanno una conoscenza chiara e un apprezzamento della sovranità di Dio e delle Sue disposizioni, né tantomeno vi si sottomettono; perché vogliono soltanto organizzare e governare ogni cosa da soli, controllare il proprio destino, la propria vita e la propria morte. Non c’è da stupirsi, dunque, che non riescano mai a sfuggire al timore della dipartita.

domenica 13 gennaio 2019

domenica 11 novembre 2018

I frutti che ho colto dalla parabola di un pastore alla ricerca della pecorella smarrita

immagini di Gesù

Ogni volta che leggo questi versetti della Scrittura: “Che vi par egli? Se un uomo ha cento pecore e una di queste si smarrisce, non lascerà egli le novantanove sui monti per andare in cerca della smarrita? E se gli riesce di ritrovarla, in verità vi dico ch’ei si rallegra più di questa che delle novantanove che non si erano smarrite. Così è voler del Padre vostro che è nei cieli, che neppure un di questi piccoli perisca”. (Matteo 18:12-14), mi sento molto commossa, poiché Dio ama così tanto gli esseri umani, da non lasciarne indietro nessuno, finché essi sono pecore che Gli appartengono. Ma tempo addietro mi andavo domandando perché il Signore Gesù avesse espresso il Suo amore per noi creature umane tramite una parabola e quale fosse la Sua volontà. Non compresi il significato profondo di questa parabola fino a quando un giorno non vidi la parola di Dio su un sito web evangelico.

Come conoscere la vita e il lavoro dell’incarnazione?

Come conoscere la vita e il lavoro dell’ incarnazione ? Dio dice: “La Sua vita e opera nello stato incarnato si possono dividere in...